Discorsi e Interventi del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
Discorso per la riapertura al pubblico del turniale della Basilica Cattedrale
Sagrato della Basilica Cattedrale
Cefalù, 02 agosto 2021
Carissimi fratelli e sorelle,
in questa calda giornata d’agosto, all’inizio dei festeggiamenti del Santissimo Salvatore, ci ritroviamo - dopo 10 mesi di lavori - a restituire non solo alla Comunità diocesana, ma a tutta la Città di Cefalù, la piena fruizione del sagrato, a tutti noto come turniale, della nostra Basilica Cattedrale.
Sono trascorsi ben 170 anni (correva l’anno 1851) dall’ultimo restauro promosso dal mio predecessore Giovanni Visconte Maria Proto: sua è anche la cancellata in ferro battuto che racchiude il turniale.
I lavori di restauro del sagrato, non più procrastinabili, garantiscono non solo il decoro e la trasmissione ai posteri di questo luogo, ma anche l’incolumità di tanti fedeli e turisti che ogni giorno varcano la soglia della nostra Basilica Cattedrale.
Permettetemi ora una breve riflessione su cos’è il turniale e, ancor più, cosa esso rappresenti per la nostra fede e per la nostra Città.
Lo percorriamo anzitutto in punta di piedi, in timoroso e ossequioso rispetto dei tanti defunti che vi riposano. Ricordo infatti che, sin dalle sue origini, è stato un cimitero. Lo testimoniano in particolare gli scavi archeologici.
Il vescovo Ottavio Preconio (1578-1587), nella seconda metà del XVI secolo riconfigurò l’originario coemeterium medievale con l'aspetto che ancora oggi conosciamo e che, da allora, è sempre stato arricchito e migliorato dai vescovi che si sono seduti sulla cattedra Cefaludense.
È un luogo che fa poi memoria della fede della nostra Chiesa: sotto questo portico - prima ancora della Basilica Ruggeriana - esisteva una piccola basilica paleocristiana, di cui però non si conservano molti resti, ma solo un frammento di mosaico pavimentale con colombo che beve da una ciotola (prossimamente sarà mostrato al pubblico), rinvenuto sotto il portico, presso la torre meridionale, è datato al VI sec.: per l’occasione abbiamo preparato dei pannelli che raccontano la storia del sagrato: vi invito a leggerli mentre ringrazio coloro che li hanno allestiti.
Per raggiungere questo luogo è necessario compiere una salita; in modo simbolico quasi un'ascesa al monte Tabor: qui ci prepariamo a incontrare lo sguardo del Cristo Trasfigurato che ci invita al silenzio. Il trambusto della città; la frenesia delle nostre vite qui tace in un dialogo intimo con il Signore che c'invita ad ascoltare la Sua Parola. In questa occasione benedico coloro che come veri “cristofori”, portatori di Cristo, ogni anno il 6 agosto portano l’immagine del Salvatore durante la processione e che chiamiamo col nome di “discepoli”.
Sarebbe bello scolpire le parole del Guardini proprio all’interno di quest’atrio:
Deponi ciò ch'è meschino. Liberati da quanto è gretto e angustiante. Scrolla quanto t'opprime. Dilata il petto. Alza gli occhi. Libera l'anima! Tempio di Dio è questo, e una similitudine di te stesso. Poiché tempio del Dio vivente sei proprio tu, il tuo corpo e la tua anima. Rendilo ampio, rendilo limpido ed elevato! [1]
Quali prospettive per il futuro del sagrato?
Custodire questo luogo è un grande gesto di civiltà: significa rispettare la memoria dei nostri antenati, di chi ce lo ha consegnato.
Bisogna anzitutto salvaguardare l'integrità del monumento: è impegno di tutti adoperarsi per tramandare ai posteri la ricchezza di questa Chiesa Cattedrale, patrimonio dell'umanità.
Un'altra prospettiva che desidero portare alla vostra attenzione è quella di farne, specialmente nel periodo estivo, un vero luogo della cultura dell’incontro attraverso il dialogo tra il vangelo e la storia; il Vangelo e il pensiero contemporaneo; tra il vangelo e l’arte, con concerti di musica sacra; oratori sacri; musica medievale, mostre d’arte …
Un vero “atrio dei gentili” ...
Nello stesso tempo invito tutti al rispetto di questo immenso tesoro. Quanti rifiuti vengono raccolti ogni mattina sulla scalinata! La pulizia dei gradini si era appena conclusa che già delle macchie avevano nuovamente intaccato la superficie della lumachella...
Desidero ora rivolgere il mio ringraziamento al mio predecessore, S.E.R. Mons. Vincenzo Manzella che ha voluto che la Diocesi di Cefalù partecipasse a un Bando Regionale dell'Assessorato per le Infrastrutture e la Mobilità "per la promozione di interventi di recupero finalizzati al miglioramento della qualità della vita e dei servizi pubblici urbani nei Comuni".
Rivolgo ora un saluto e un sincero ringraziamento a tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito alla piena riuscita di questo evento: dall’Assessore per le infrastrutture On. Marco Falcone, ai progettisti l’Arch. Maurizio Rotolo e Ing. Sergio Marino, al RUP del Comune di Cefalù, Geom. Angelo Capuana alla Soprintendenza dei beni culturali di Palermo per l’alta sorveglianza esercitata: in particolare alla Sezione archeologica guidata dalla dr.ssa Rosa Maria Cucco con l’ausilio dell’arch. Valeria Brunazzi, da pochi giorni venuta a mancare, e degli archeologi impegnati sul campo: Dr. Antonio Di Maggio, Dr.ssa Giuseppina Adamo, Dr. Valerio Di Vico; alla Sezione architettonica affidata agli Arch. Silvana Lo Giudice e Arch. Filippo Davì,
Ringrazio la Ditta CO.GE.ZAF. di Petralia Soprana (nella persona del Sig. Sebastiano Zafonti e i suoi operai) che ha vinto la gara indetta dal Comune di Cefalù e ha eseguito i lavori, il restauratore delle statue dei quattro Padri della Chiesa (detti nel linguaggio popolare i pisantuni) il Prof. Franco Fazzio con l’ausilio dell’Ing. Teotista Panzeca e il Dr. Mauro Sebastianelli.
Ai diversi consulenti e ai nostri Uffici di Curia coordinati dal Pro Vicario Generale, Can. Giuseppe Licciardi, e in particolar modo al nostro Ufficio Tecnico nella persona dell’Arch. Massimo Trobia.
A tutti dico Grazie!
[1] R. Guardini, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, pp. 147-149.