Rilanciamo l'intervista rilasciata dal Vescovo di Cefalú S.E.R. Mons.Giuseppe Marciante alla rivista UniCamillus Magazine sul tema dello spopolamento e l'occasione rappresentata dall'apertura di una nuova sede universitaria a Cefalú.
-Cosa significa per la comunità di Cefalù l’arrivo di una sede universitaria in città?
Con l’arrivo di una sede universitaria nella nostra Cefalù ci troviamo di fronte ad una proposta formativa che ha come destinatari privilegiati quei tanti giovani della Sicilia che sognano di diventare medici. È un investimento “profetico” perché guarda con occhi sapienti al domani delle nostre comunità, delle nostre vite. Ai giovani viene offerta la possibilità di raggiungere questo ambito traguardo rimanendo, per certi aspetti, tra le mura di casa, “in famiglia”. Spesso l’accesso agli studi universitari dei propri figli “fuori sede” comporta un elevato costo economico che non tutte le famiglie sono nelle condizioni di potere sostenere. E così alcuni studenti sono costretti anche a non dare più ascolto alla propria vocazione e ad optare a malincuore per altre scelte di vita. L’approdo di una sede universitaria a Cefalù spalancherebbe le porte ai sogni di chi, non per sua scelta, si ritrova nella condizione di non essere “un figlio di papà”. Sono anche pienamente convinto che la presenza di una sede universitaria nella nostra cittadina determinerebbe un'inarrestabile e salutare crescita culturale che coinvolgerebbe tutto il nostro territorio. Pensando al vastissimo campo della medicina con tutte le sue branche non posso non pensare all’apertura di circuiti scientifici e culturali che incrementerebbero la crescita della qualità delle nostre vite. Inoltre, potrebbero contribuire a custodire tutto ciò che si lega alla dignità dell’uomo. Il flusso di professori universitari, ricercatori, studenti, del personale tecnico e amministrativo; l’avvio di convegni, tavole rotonde, momenti di dibattito e confronto darebbero una battuta d’arresto a tutto quel processo di impoverimento culturale che attanaglia il modus pensandi, vivendi e operandi delle nostre società in questo travagliato momento storico.
- Molti giovani siciliani ogni anno si devono trasferire in altre regioni per andare a studiare. Quanto impatterà nei prossimi anni secondo lei al livello sociale, l’apertura di una facoltà di Medicina nella provincia di Palermo per limitare questo fenomeno?
Non è facile fare delle lucide e sicure proiezioni sull’impatto che potrebbe avere nel futuro a livello sociale l’apertura di una facoltà di medicina nella provincia di Palermo. Le nostre speranze sono tante. Si potrebbe porre un freno allo spopolamento, all'inarrestabile desertificazione di tutti i nostri Comuni. Potrebbe anche fornire un valido contributo nello smorzare l’emorragia dei cervelli di quell’esercito di giovani talentuosi e “pensanti” che sono costretti a investire altrove, anche oltre oceano, la bellezza dei loro carismi. Occorre una buona partenza, una presentazione completa ed esaustiva di tutto il progetto. Siamo di fronte ad una proposta che vuole gettare un faro di luce ai nostri facili pessimismi, alle tante note funebri di disfattismo e di immediata rassegnazione che consegniamo alle nuove generazioni. É un percorso che va incoraggiato; sostenuto; un cammino che coinvolge non solo docenti e studenti, ma tutte le istituzioni presenti nel nostro territorio che hanno a cuore la costruzione del domani.
- UniCamillus si ispira ai valori di un uomo come Camillo De Lellis, avvicinatosi però alla religione e poi divenuto Santo solo in un secondo momento della sua vita. C’è una sorta di parallelismo simbolico tra quel percorso di redenzione e quello di accrescimento culturale che laicamente l’Università può offrire ai giovani?
Dove si coltiva la cultura, dove si attivano tutti gli strumenti tesi a favorire lo studio e la ricerca che hanno come destinatari privilegiati l’uomo e la vita, c’è sempre un percorso di redenzione, di santificazione. Ogni qual volta che l’uomo è chiamato a mettersi al servizio del fratello, a prendersi cura del fratello, è facitore della storia della salvezza che ha nell’ "oggi”, nel qui ed ora, la sua dimensione spaziale e temporale.
- La città di Cefalù è stata nella storia un crocevia culturale di tanti popoli, religioni e radici differenti. Come e quanto incide secondo lei il lavoro di un’università, dalla dichiarata vocazione internazionale come è UniCamillus, nei processi di integrazione non sempre facili che il mondo di oggi, sempre più globalizzato, impone nella società occidentale? E quali insegnamenti si possono trarre dal passato in questo senso?
La città di Cefalù è posta in un'isola che sta al centro del Mediterraneo. La sua cultura, le sue radici hanno sempre avuto nella diversità culturale un canale di ricchezza. I cittadini di Cefalù conoscono bene il valore dell’accoglienza, del dialogo e del confronto. Non temono le nuove idee. Di generazione in generazione sono stati immersi nelle onde delle tante trasformazioni epocali che sono state accolte come sfide da governare con saggezza e audacia. Se Unicamillus ha come suo distintivo una dichiarata vocazione internazionale trova nella cittadina di Cefalù una sua sorella gemella o, meglio, una sorella maggiore o addirittura una madre. Come ha ben affermato Fernand Braudel: «Attorno al Mediterraneo tutto si mescola e si ricompone in una unità originale». Ecco perché la complessità dell’area del Mediterraneo non può incuterci paura. Come è successo nel passato. Ecco perché una politica per il Mediterraneo che guardi all’integrazione tra popoli e culture, può partire da Cefalù. Può muovere i suoi passi anche dall’arrivo di una facoltà di medicina. Dal mare Mediterraneo e dal “mare” della cultura si costruiscono nuovi ponti. Con i mattoni della speranza che ha come suo cemento la storia.
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